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Long Fic
I
La separazione.
C'è chi non sopravvive.
Ma io si.
C'è chi ci muore.
Ma io no.
Io no perchè la mia morte era stata lasciarlo.
Ma ero sopravvissuta.
Avevo lottato contro quella parte di me stessa che si rifiutava di ammettere che lui fosse stato solo un parto della mia immaginazione.
E malgrado tutto ho vinto.
Ironico no?
Proprio io che ero l’anello debole della catena.
Ed ero li a cercare nella borsa le chiavi di casa.
Dopo circa 2 minuti di ricerca nel disordine che regnava sopra ogni cosa toccassi eccole finalmente.
Mi ero trasferita.
Avevo cambiato città. Era una cittadina nei dintorni di Huntsdale, ma era comunque una residenza abbastanza lontana da non essere rintracciata facilmente da chi sapeva di essere indesiderato.
Non abitavo più nella vecchia casa di mio padre, quella che puzzava di crac e di tutta l’altra merda di mio fratello.
Una casa in centro, modesta ma non decadente.
La porta grande e bianca e le finestre ampie e luminose. Così come mi ero da sempre immaginata la casa in cui avrei voluto abitare con la mia famiglia.
Mi ero laureata in storia dell’arte da qualche anno e in quel periodo lavoravo nella galleria d’arte di un amico.
Pensavo che la mia vita fosse quasi perfetta.
Se non per un unico dettaglio che rovinava tutto, cioè che avevo ancora la seconda vista.
Entrai in casa e appoggiai la mia borsa di pelle preferita sulla poltroncina rivestita di velluto.
Si. La galleria rendeva parecchio.
Non mi dispiaceva l’equilibrio e la calma che mi era guadagnata.
Ma sentivo che ogni secondo era sempre più lungo di ciò che avrebbe dovuto essere.
E ogni giorno si ripeteva all’infinito con rigidi rituali che seguivo in maniera ligia e ordinata.
In fondo ero sempre stata un essere assurdamente ordinario che non sarebbe mai riuscito a rompere la routine.
Andai su per le scale che portavano alla mia camera da letto.
Avevo solo voglia di fare una doccia e andare a dormire.
Ma mentre mi spogliavo davo le spalle allo specchio affinché i miei occhi non vedessero ciò che consideravo il mio peggior errore.
Mi diressi verso la doccia e mentre facevo scorrere l’acqua mi toglievo gli ultimi indumenti.
Poi mi abbandonai all’acqua calda e alla sicurezza delle abitudini.
Ero ancora nella vasca e l’acqua era gelida.
Quanto ero stata li?
Dovevo essermi addormentata.
Uscii dalla vasca e mi diressi allo specchio.
Vedevo la solita ragazza con il viso ovale e i capelli castani. Occhi marroni e disattenti.
Ero solo una bambina troppo cresciuta in fin dei conti.
Mi asciugai in fretta i capelli e andai a dormire.
Mi distesi lentamente,cercando di rilassarmi.
E finalmente riuscii a dormire.
Sognai per tutta la notte qualcosa di familiare, inquietante ma enormemente familiare.
Mi svegliai di colpo. Era già mattina presto.
Ero madida di sudore. Avevo passato praticamente in dormiveglia tutta la notte.
Avevo un mal di testa tremendo come se avessi bevuto troppo la sera prima.
Stavo per scendere dal letto per andare a prendere il termometro,quando mi sentii osservata e guardai verso la finestra.
Era li. Che mi osservava.
La stessa espressione. Gli stessi occhi.
Era lui.
Il tempo di battere gli occhi e non lo vidi più.
Dovevo andare a misurarmi la febbre. Subito.
Mi resi conto che per tutta la notte avevo sognato i suoi occhi.
Edited by Deep Sound Farce - 9/11/2009, 22:45
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